la passione per il bio

01.07.2024

Stefano Beltrama mi aspetta sulla porta della  cantina ricavata dal garage della sua abitazione. Una cantina di piccole dimensioni, ma razionale, ben organizzata che ti colpisce subito per l'ordine e la pulizia e per una certa eleganza che passa dalla disposizione delle botti agli scaffali per le bottiglie etichettate, dal tavolo per le degustazioni alle pareti ricoperte di pannelli lavabili che ricordano il legno. In evidenza una grande anfora, di terracotta, necessaria per la produzione del vino Anfora. 

Non solo vini naturali, ma anche miele, zafferano, mirtilli, tutto di produzione biologica certificata e naturalmente le vinacce Bio utilizzate per la farina di vinacce. Perché anche uno scarto della vinificazione può diventare una risorsa. (vedi il post uno scarto pieno di vita).

" Siamo partiti nel 2015 con una pertica di vigneto, Era quella dei nonni, " mi racconta Stefano" le prime 700 bottiglie quasi per gioco, ma già con l'idea di fare biologico senza usare prodotti di sintesi né in vigna nè in cantina e poi piano piano abbiamo acquistato altre vigne, in zone diverse e oggi coni il prezioso contributo di mio padre Angelo, siamo arrivati quasi a due ettari di vigneto con la possibilità di diversificare la produzione con vini diversi.

L'amore per il territorio, per la sostenibilità, ha portato Stefano a lavorare in un modo diverso cercando di migliorare la morbidezza dei suoi vini, con semplici metodi "come il cercare di tornare alle vecchie botti di castagno, come si faceva una volta, che lasciano andare molto meno i tannini rispetto a quelle di rovere o come utilizzando botti di rovere già usate, scariche."

La grande anfora è davanti a noi. Stefano mi mostra la bottiglia ed in particolare l'etichetta di questo vino che riporta la fotografia di un vecchio tronco di castagno trovato nel vigneto del nonno. "Mi spiaceva buttarlo, era un ricordo di chi ha lavorato quelle viti, così l'ho pulito, messo in bella vista nel reparto dei vini imbottigliati e fotografato per l'etichetta."

Poi inizia a raccontarmi del suo gioiellino, Il vino in Anfora. "150 giorni di macerazione carbonica in botti di castagno. Una fermentazione molto lenta che permette di estrarre tutti i profumi e i sapori dall'acino e circa un anno in anfora di terracotta. Un materiale che non rilasci tannini, ma essendo un materiale vivo ha sempre uno scambio di ossigeno quasi pari a quello del legno. Alla fine il vino rimane molto più dolce, più morbido, molto più minerale, ed è pronto molto prima rispetto a un vino lasciato due anni in legno."

E non si ferma, continua a raccontarmi delle pratiche in vigna, mi mostra un'altra etichetta, Ancestrale un bollicine naturale con fermentazione in bottiglia, un rosè prodotto senza il contatto delle bucce, pigiatura direttamente in torchio e anche qui come in quasi tutti i suoi vini senza aggiungere solfiti.  

È davanti agli scaffali con i vini in esposizione, e continua a illustrarmi i suoi vini, una produzione di sette etichette diverse, con uve pregiate derivanti da vigne di Albosaggia ma anche dalla zona retica, recuperando antichi campi terrazzati. Con una cura alla comunicazione delle varie etichette, legandole al territorio.

Mi racconta le regole del suo lavoro, massima pulizia della cantina, senza usare prodotti chimici, acidi, utilizzando semplicemente uno sterilizzatore a vapore a 160 gradi, un quarto d'ora nella botte. In vigna sempre lavori il più naturali possibile, rispettando la biodiversità, taglio dell'erba solo quando è necessario, defogliando il minimo indispensabile, trattamenti con prodotti naturali… 

"Il nostro obiettivo è cercare di rispettare quello che è la pianta e quindi lasciargli fare il suo corso senza forzature. Il principio su cui si basa la nostra produzione è esclusivamente il biologico, senza l'utilizzo di prodotti di sintesi, tutelando in questo modo il terreno e preservandolo per le coltivazioni delle future generazioni.

Quindi su un ettaro la produzione tendenzialmente supera di poco i 60 quintali, "e continua spiegandomi i trattamenti alternativi a quelli di sintesi "Usiamo rame, zolfo, argille, estratti di alghe per irrobustire le piante che fanno anche da concimazione naturale. Noi con il biologico ogni tot millimetri di pioggia dobbiamo intervenire perché i nostri prodotti non vengono assorbiti dalla pianta, ma hanno un'azione di protezione, una specie di schermatura che l'acqua piovana porta via." Mi mostra le capsule ecologiche che si liberano facilmente dalla bottiglia, non si sbriciolano e vanno nell'umido per arrivare a parlare delle vinacce di Nebbiolo  per la produzione di farina.

È convinto della bontà dell'idea, in particolare per la sostenibilità ambientale, uno scarto che diventa risorsa, assieme ad un eccellente profilo nutrizionale.

Toglie da uno scatolone un sacchetto contenenti dei grissini fatti con la sua farina e mentre mi racconta i benefici del prodotto li assaggio. 

"Ricca di fibre, minor apporto calorico rispetto alle altre farine, di forte aiuto per l'intestino, capace di assicurare altri gradi di sazietà. Il contenuto di grassi proveniente di vinaccioli di nebbiolo è dato da lipidi insaturi, gli zuccheri sono rappresentati dal fruttosio, le proteine ovviamente vegetali sono adatte per tutte le diete. Non mancano sali minerali come ferro, zinco e selenio, Vitamina E, tannini, amminoacidi importanti, polifenoli con un forte potere antiossidante … un concentrato di salute nella prevenzione di particolari patologie come l'obesità, la resistenza insulinica, l'aterosclerosi. Senza dimenticare la caratteristica di essere Gluten free."

Lo ascolto con attenzione mentre metto in bocca il secondo grissino perché il sapore mi ha incuriosito: una leggera e insolita ma piacevole acidità, che dona al prodotto quasi piccantezza, un gusto che provo ad immaginare in abbinamento con i formaggi valtellinesi, per esempio con un Valtellina Casera DOP di 70/80 giorni o con un formaggio fresco di capra… Sì, credo che potrebbero veramente essere abbinamenti appropriati.