Dall'Inghilterra al Cüet per allevare lumache 

06.10.2019

Bionda, occhi azzurri, un bel viso rotondo, sorriso luminoso, 35 anni portati molto bene (forse per l'utilizzo dai suoi prodotti di cosmesi a base di bava di lumaca), laureata in scienze politiche, master sull'ambiente all'università di Pisa, quattro anni in Inghilterra come responsabile del controllo di qualità di una grande azienda di distribuzione all'ingrosso di cibi biologici ... ma tanta voglia di tornare in Valtellina, a Berbenno, di utilizzare i terreni della famiglia.

Così, quasi per caso, dalla visione di un documentario televisivo, nasce l'idea: l'elicicoltura. Il misterioso mondo delle lumache diventa materia di ricerca, di studio fino a trasformare i 4000 metri quadrati del prato del Cüet del nonno Doro in un luogo ideale per far crescere e riprodurre 16000 chiocciole, attraverso un ciclo biologico completamente naturale e all'aperto, dove i piccoli molluschi dopo il letargo trovano la freschezza di verdure coltivate appositamente per loro: cavolo, radicchio e bietola.

"L'impianto ha richiesto un lavoro particolare con uno scavo lungo tutto il perimetro" mi racconta Arianna mentre camminiamo nel suo impianto, "oltre la recinsione abbiamo dovuto interrare per trenta centimetri una lamiera per evitare l'eventuale intrusione di predatori, topi, talpe. Poi la creazione interna di 12 recenti lunghi 50 metri e larghi tre, creati con reti antifuga, divise in due. È l'impianto standard, utilizzato da molti allevatori. Ci sono anche altri sistemi, in Francia gli allevamenti sono spesso in serra, al chiuso con un' alimentazione a base di mangimi. Il nostro allevamento è suddiviso in due zone, una per la riproduzione ed una per l'ingrasso delle chiocciole .Tutto sempre nel completo rispetto dell'animale, riducendo al minimo l'impiego di tutto ciò che può nuocere alla salute delle nostre chiocciole." 

Già perché qui, nell'azienda di Arianna, non si usano mangimi, le lumache vivono in assoluta libertà, all'aperto e in primavera, finito il letargo, trovano le verdure fresche coltivate per loro. "E la vegetazione deve essere molta perché la lumaca è un animale strano, non mangia mai la vegetazione che è stata "strisciata" da altre lumache. Così spesso" continua mostrandomi alti girasoli vicini all'entrata, "taglio questi, soprattutto per le lumachine appena nate, una vegetazione fresca da poter subito attaccare. Loro mangiano tutto, foglie, fiore steli."

Poi iniziamo a parlare di riproduzione e subito mi vengono in mente alcune nozioni studiate per l'esame di zoologia all'università Mi avevano affascinato questi molluschi ermafroditi, che comunque per produrre le uova devono sempre accoppiarsi. Un rituale di corteggiamento, che può durare anche alcune ore per poi strofinarsi, guardandosi con attenzione, girando più volte su sé stesse per poi trovare una superficie verticale a cui appendersi prima di far fuoriuscire gli organi riproduttivi, di un tipico colore azzurro. Alla fine l'accoppiamento, sempre appesi. Un'altra curiosità che ricordo: entrambi producono le uova, che vengono espulse da un angolo della bocca, dove si trova l'orifizio genitale. 

Arianna mi accompagna tra i recinti.

"Le uova" mi racconta "impiegano una ventina di giorni ad aprirsi, generalmente alla fine luglio, primi di agosto. Noi le vediamo, l'uovo si schiude, appena nate le lumachine sono delicatissime, mangiano subito, sono molto voraci." Si ferma un attimo, mi guarda e mi racconta l'emozione che ha provato vedendo le prime uova schiudersi e le piccole lumachine muoversi alla ricerca di foglie. "Ecco in quel momento ho capito che forse ero riuscita, che la mia idea un po' strana poteva funzionare." Un' idea sicuramente interessante, un recupero di una antica tradizione alimentare valtellinese che vedeva uomini e donne, nelle giornate umide, "andare per lumache" lungo i vecchi muri. Perché anche i molluschi potevano regalare un piatto delizioso. Le donne le mettevano a spurgare nella sabbia e poi le lessavano e condivano con l'olio, pepe e sale o le cucinavano in umido con la polenta. Un tempo, anche nelle trattorie valtellinesi le lumache erano un piatto richiesto dai turisti. Famose quelle alla cappuccina del ristorante Stelvio di Tirano.

"In inverno vanno in letargo," riprende a raccontare Arianna "per ricominciare a mangiare in primavera. In autunno sono pronte per la riproduzione e per la vendita. Per la vendita devono essere così," mi mostra una lumaca aderente alla rete del recinto "devono avere questa bordatura (il guscio non deve essere liscio ma avere un bordino). Allora le raccogliamo, aspettiamo una giornata asciutta, perché le lumache devono essere asciutte. Le portiamo a Bergamo, in un laboratorio specializzato per l'estrazione della bava. Le lumache vive vengono messe in una macchina, dove a contatto con una miscela di acqua e ozono, sono stimolate a produrre la bava, che viene raccolta. Noi la usiamo per una linea di cosmesi che comprende diversi prodotti, il siero viso, la crema viso, la crema mani, uno stick labbra e sciroppi a base di miele e timo utilizzati contro la tosse, per rompere il catarro.

Finita l'estrazione della bava nel laboratorio di Bergamo le nostre lumache tornano a Berbenno. Partono vive e tornano vive. Vengono spurgate in cassette areate senza cibo per quindici giorni e quando sono pronte le mettiamo nella cella per la vendita."

"Il sogno nel cassetto?" le chiedo.

Sorride, un bel sorriso luminoso, di soddisfazione " ma un sogno l'ho già realizzato, tornare in Valtellina con il mio compagno Andrea, che ha creduto subito nel mio progetto e mi aiuta nei lavori più pesanti. Il sogno di poter lavorare all'aperto, nella natura, di sfruttare i terreni del nonno Doro " Mi mostra in lontananza, a Regoledo, un terreno terrazzato sistemato "Era una vigna abbandonata da quindici anni, la vignascia, l'abbiamo trasformata a coltivazione di piante officinali, calendula, lavanda, timo, melissa, malva, rosmarino, salvia, issopo, echinacea, santoreggia, fiordaliso. Duemila metri ritornati all'agricoltura. 

Ecco, ridare vita ad un terreno abbandonato, pieno di rovi, che stava diventando bosco, trasformarlo in un giardino profumato, fiorito, ben curato, vedere le piantine in crescita, è stata una grandissima soddisfazione. E poi, e poi i sogni non finiscono: un laboratorio tutto nostro per estrarre la bava, per produrre i prodotti di cosmesi perché noi crediamo tantissimo in questo liquido vischioso che ha origini antichissime, che già nell'antica Grecia, Ippocrate ne sfruttava le proprietà decongestionanti e antiinfiammatorie. E poi ancora un laboratorio didattico per i bambini perché possano conoscere il mondo misterioso delle lumache."

Già, perché i sogni non finiscono. Con la fatica, la determinazione e il coraggio che Arianna ha dimostrato, i sogni possono sicuramente diventare realtà.

"Ciao signora del Cüet, tanti auguri."


Per ulteriori informazioni: www.lalumacadelcuet.com